Quanto guadagna un prete al mese? La risposta stupisce tutti

In Italia, la questione della retribuzione dei sacerdoti suscita spesso curiosità e stupore, soprattutto perché si tende a collegare la figura del prete esclusivamente al servizio spirituale, trascurando l’aspetto più materiale legato alla sua sussistenza. Eppure, come ogni lavoratore, anche il clero riceve una remunerazione che consente il sostentamento, regolata da parametri ben precisi fissati dalla Conferenza Episcopale Italiana e periodicamente aggiornata in risposta all’andamento economico e alle esigenze della comunità.

Come viene calcolato lo stipendio di un sacerdote

La retribuzione di un sacerdote non viene stabilita da singole parrocchie, ma segue criteri nazionali definiti dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Il compenso prende il nome di sostentamento del clero, il quale viene erogato attraverso l’apposito Istituto Centrale Sostentamento Clero che gestisce le risorse provenienti in gran parte dall’8×1000 destinato dai contribuenti alla Chiesa cattolica.

Un elemento tecnico fondamentale per il calcolo dello stipendio è il cosiddetto “punto”, ovvero una cifra stabilita annualmente che funge da base per determinare l’importo mensile. Dal 2025, secondo l’ultimo aggiornamento, il valore del punto è stato fissato a 13,38 euro, con un aumento che tiene conto (in modo parziale) dell’inflazione e delle difficoltà economiche della popolazione. Ogni ruolo ecclesiastico ha un coefficiente differente, che moltiplicato per il valore del punto determina la paga mensile. Un sacerdote appena ordinato, ad esempio, riceve 1.070 euro lordi, da cui vanno poi detratte le tasse e i contributi previsti.

Quant’è lo stipendio di un prete e come varia

Analizzando i dati più recenti, emerge che il reddito mensile di un prete semplice all’inizio del suo percorso si attesta generalmente attorno ai 1.000-1.070 euro lordi. Tale importo non prevede né tredicesima né quattordicesima, ed è distribuito su dodici mensilità. Da questo valore devono essere sottratte le ritenute fiscali, analogamente alla maggior parte dei lavoratori dipendenti.

L’importo cresce leggermente per quei sacerdoti che rivestono incarichi di maggiore responsabilità. Il parroco, responsabile di una comunità parrocchiale, percepisce solitamente 1.200 euro lordi mensili. Tale differenza si giustifica con le ulteriori incombenze amministrative e pastorali, oltre alla cura degli spazi e delle attività parrocchiali. La progressione nella carriera ecclesiastica comporta ulteriori incrementi: i vescovi, infatti, possono arrivare a un compenso compreso tra 1.800 e 3.000 euro al mese in base all’incarico specifico e agli anni di servizio.

  1. Prete appena ordinato: circa 1.000-1.070 euro lordi/mese
  2. Parroco: circa 1.200 euro lordi/mese
  3. Vescovo: da 1.800 fino a 3.000 euro lordi/mese
  4. Cardinale: circa 5.000 euro lordi/mese

Un’ulteriore distinzione riguarda le figure di cardinale e Papa. Nel primo caso, lo stipendio supera i 5.000 euro mensili. Per quanto riguarda il Pontefice, l’importo varia: Papa Benedetto XVI aveva scelto di limitare il proprio al 2.500 euro mensili, mentre Papa Francesco ha rinunciato totalmente a percepire uno stipendio, affidando la propria sussistenza a fondi destinati alle opere religiose e caritatevoli, secondo le sue scelte di vita improntate alla sobrietà.

Sorprese e realtà dei compensi nel clero

Per molti la cifra può risultare sorprendente, immaginando forse stipendi più elevati oppure, al contrario, aspettandosi una vera povertà. In realtà, rispetto a molte altre professioni in Italia, il compenso del sacerdote risulta modesto e dignitoso, basato sul principio di garantire una sussistenza sobria ma stabile a chi si dedica interamente alla comunità. Questa scelta riflette una missione di servizio e non di arricchimento personale.

Il sistema di sostentamento del clero è pensato per assicurare a ogni sacerdote una base di tranquillità economica, indipendente dalla zona geografica o dalla dimensione della parrocchia, scongiurando diseguaglianze tra chi serve piccole comunità rurali e chi invece opera in grandi città. In molti casi, i sacerdoti beneficiano anche di alloggio gratuito in canonica o di altri servizi parrocchiali, elementi che riducono le spese personali ma che non costituiscono un vero incremento di stipendio.

La remunerazione dei religiosi: suore, frati e altre figure

Oltre ai sacerdoti diocesani, altre figure religiose svolgono un ruolo fondamentale nella vita della Chiesa. Si tratta di suore e frati, la cui situazione economica differisce notevolmente. Essi non percepiscono uno stipendio fisso individuale, ma vivono secondo la regola della povertà e della condivisione, versando il proprio lavoro e le eventuali entrate alla comunità religiosa di appartenenza. Il loro sostentamento proviene dalla gestione comune dei beni e dall’attività svolta nei vari ambiti, dall’assistenza agli anziani all’educazione, fino alla produzione di beni artigianali o alimentari.

Per quanto riguarda le offerte, è fondamentale ricordare che non rappresentano uno stipendio aggiuntivo per il sacerdote, ma sono devolute alla parrocchia o a fini caritativi, secondo regole ben definite e sempre tracciate amministrativamente.

Stipendio dei sacerdoti e sostenibilità economica della Chiesa

L’intero sistema di sostentamento dei sacerdoti è reso possibile principalmente attraverso l’8×1000 che tante persone destinano annualmente alla Chiesa cattolica italiana, con un’attenzione particolare al bilancio complessivo: le risorse vengono infatti suddivise tra il pagamento degli stipendi, la manutenzione degli edifici di culto e le innumerevoli attività sociali e caritative. Ogni scelta sugli incrementi salariali, come quella per il 2025, nasce da un delicato equilibrio tra la necessità di garantire un minimo dignitoso ai sacerdoti e la volontà di continuare a investire in opere di solidarietà.

Va sottolineato come la carriera ecclesiastica influenzi in modo sensibile il compenso: i sacerdoti possono infatti accedere a incarichi sempre più alti come canonici, vicari, vescovi e cardinali, ognuno dei quali gode di trattamenti economici progressivamente più elevati, pur mantenendo una proporzione rispetto alla missione di servizio e non apparendo mai come retribuzioni “da manager”.

Nell’immaginario collettivo, spesso alimentato da scarsa informazione, si ritiene che il clero viva in una condizione di ricchezza o, all’opposto, di estrema povertà. La realtà è invece fatta di equilibrio, sobrietà e regolazione, con un sistema trasparente controllato da organi di vigilanza sia civili che religiosi. In conclusione, la vera “sorpresa” non è tanto quanto percepisca un prete, quanto piuttosto la coerenza tra lo stile di vita evangelico e la struttura retributiva che lo sostiene.

Per approfondire il contesto storico del clero e delle sue funzioni nella società, è possibile consultare la voce dedicata al clero. Nel quadro più ampio, la gerarchia della Chiesa cattolica riveste ancora oggi un ruolo sociale, spirituale e amministrativo complesso, che trova nel sistema retributivo uno dei tanti tasselli di una realtà in costante evoluzione.

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