I “istituti indiretti” rappresentano nel diritto del lavoro italiano un insieme di istituti contrattuali che attribuiscono al lavoratore compensi o vantaggi economici non direttamente legati alla prestazione lavorativa svolta, ma derivanti dalla presenza e dalla configurazione del rapporto di lavoro subordinato. Questi istituti vengono definiti “indiretti” perché, pur facendo parte della retribuzione complessiva, non sono riconosciuti come corrispettivo diretto per ore di lavoro ordinario, bensì come benefici aggiuntivi o accessori, la cui maturazione dipende da elementi contrattuali collettivi o dalla legge.
Definizione e natura giuridica degli istituti indiretti
I principali istituti indiretti includono le mensilità aggiuntive (come la tredicesima e la quattordicesima), i permessi retribuiti, le ferie, la malattia, l’infortunio e le festività. Sono definiti come “indiretti” proprio perché non costituiscono compensi legati alla prestazione lavorativa immediata, ma derivano dall’esistenza di specifiche previsioni normative o contrattuali che stabiliscono la loro corresponsione. Mentre la retribuzione mensile ordinaria costituisce la controprestazione diretta delle ore effettivamente lavorate, gli istituti indiretti presuppongono il diritto del lavoratore a ricevere il proprio stipendio anche in situazioni diverse o aggiuntive rispetto al lavoro ordinario.
Ad esempio, la tredicesima mensilità viene riconosciuta come quota aggiuntiva della retribuzione e viene maturata progressivamente nel corso dell’anno, indipendentemente dalle presenze effettive sul lavoro. Analogamente, le somme corrisposte durante le ferie e la malattia tutelano il lavoratore in caso di assenza giustificata dalla prestazione, consentendogli di mantenere un reddito senza prestare servizio.
Elenco degli istituti indiretti riconosciuti
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione e le indicazioni dei principali testi normativi e contrattuali, rientrano tra gli istituti indiretti:
- Tredicesima e quattordicesima mensilità
- Indennità ferie
- Indennità festività e ex festività soppresse
- Permessi retribuiti
- Compensi per malattia
- Compensi per infortunio
Non rientrano automaticamente tra gli istituti indiretti indennità e maggiorazioni come reperibilità, indennità di trasferta o compensi per flessibilità oraria, se non espressamente previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) o da una specifica norma di legge.
Base di calcolo e normativa di riferimento
La determinazione della base di calcolo relativa agli istituti indiretti è regolata da regole specifiche: non esiste infatti un principio generale di omnicomprensività che imponga di calcolare queste voci su tutta la retribuzione percepita dal lavoratore. La Cassazione, con sentenza n. 11704/2020 e successiva giurisprudenza, ha chiarito che alla base di calcolo degli istituti indiretti possono concorrere solo gli emolumenti che la legge o il contratto collettivo individuano espressamente. In particolare, la voce dello straordinario viene inclusa solo se così previsto dalle fonti normative o contrattuali e non in via automatica.
L’applicazione di questa regola comporta la necessità di fare riferimento al CCNL di settore o alle disposizioni di legge per determinare quali voci salariali debbano essere computate per il calcolo degli istituti indiretti. Ad esempio, il CCNL Metalmeccanici stabilisce con precisione quali emolumenti concorrono a formare la “retribuzione globale di fatto” su cui calcolare tredicesima, quattordicesima e indennità ferie.
Incidenza di indennità e maggiorazioni sui diversi istituti
Secondo la giurisprudenza, le indennità di trasferta e le maggiorazioni retributive concorrono alla base di calcolo degli istituti indiretti solo se sono considerate non occasionali e sistematiche; quindi, se rappresentano elementi continuativi della retribuzione. La quota fissa di indennità di trasferta, ad esempio, incide sulla determinazione della tredicesima e quattordicesima, mentre quella variabile (spese documentate) no.
La retribuzione globale di fatto è il riferimento principale per includere gli emolumenti negli istituti indiretti, ma solo nei limiti e alle condizioni fissate dalla contrattazione collettiva o dalla normativa di legge. In tal senso, il ruolo del contratto collettivo è determinante per il lavoratore.
Funzione ed evoluzione degli istituti indiretti
Gli istituti indiretti hanno una duplice funzione:
- Contribuire alla tutela economica del lavoratore in caso di assenza dal luogo di lavoro per motivi giustificati (malattia, ferie, infortunio, festività).
- Assicurare la stabilità reddituale nel corso dell’anno, grazie al riconoscimento di mensilità aggiuntive e permessi retribuiti.
Il panorama degli istituti indiretti ha visto una costante evoluzione normativa, volta a garantire al lavoratore una maggiore protezione sociale e un più alto livello di equità retributiva. La jurisprudenza, in particolare, ha più volte ribadito come questi istituti debbano essere ricondotti a specifiche previsioni normative o contrattuali, senza possibilità di estensione automatica ad altri emolumenti non espressamente compresi.
Un esempio significativo nel corso degli ultimi anni riguarda l’interpretazione del principio di omnicomprensività: la Cassazione ha affermato che non si può includere nella base di calcolo degli istituti indiretti ogni emolumento corrisposto al lavoratore, ma solo quelli stabiliti dalla fonte normativa o contrattuale, con la conseguenza che indennità particolari (come assegni “ad personam” o compensi variabili) possono essere escluse da questa determinazione.
Importanza nel contesto della retribuzione
Nel contesto lavorativo, gli “istituti indiretti” svolgono un ruolo centrale nell’ambito della retribuzione, intesa come insieme dei corrispettivi spettanti per la prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Proprio per questo, la corretta applicazione e interpretazione delle regole sui calcoli spettanti sono oggetto di frequente contenzioso giuridico e approfondimento dottrinale.
La conoscenza puntuale della regolamentazione degli istituti indiretti concerne tanto i lavoratori dipendenti, che devono sapere con precisione quali diritti vantano, quanto i datori di lavoro, chiamati a rispettare i precetti di legge e contrattuali e a non commettere errori potenzialmente onerosi nella determinazione della retribuzione spettante.