I motivi per cui alcune persone evitano il pesce: scopri le considerazioni ambientali, salutistiche ed etiche

L’alimentazione è un aspetto centrale della vita quotidiana e il pesce ha sempre occupato un ruolo di primo piano nelle diete di tutto il mondo. Tuttavia, un numero crescente di persone sceglie di evitare questo alimento, citando ragioni che vanno dall’ambiente alla salute, fino all’etica. Comprendere perché alcuni si allontanano dal consumo di prodotti ittici permette non solo di decifrare le nuove abitudini alimentari, ma anche di riflettere sugli effetti delle nostre scelte sul pianeta e sugli animali.

Considerazioni ambientali: il peso della pesca sugli ecosistemi marini

Uno dei motivi principali che spinge molte persone a eliminare il pesce dalla loro dieta riguarda l’impatto ambientale delle attività di pesca industriale. La sovrapesca, ovvero l’eccessivo prelievo di pesci dagli oceani, rappresenta una minaccia concreta per la sopravvivenza di numerose specie e mette a rischio la biodiversità marina. Soprattutto nel Mar Mediterraneo, l’equilibrio naturale degli stock ittici è sempre più fragile a causa della pesca intensiva, dell’inquinamento e del cambiamento climatico. L’inquinamento da plastiche e altre sostanze nocive disperse nei mari contribuiscono altresì a peggiorare la salute degli habitat acquatici e degli organismi che vi abitano.

Le associazioni ambientaliste sottolineano l’urgenza di adottare pratiche di consumo responsabili e sostenibili. Per molti, ciò significa eliminare completamente il pesce, per non contribuire alla pressione sugli ecosistemi marini. Altri scelgono di ridurre il consumo o orientarsi verso prodotti da pesca certificata o acquacolture sostenibili, alcune delle quali sono considerate meno impattanti ma non sempre prive di conseguenze ambientali negative. Va segnalato inoltre l’effetto della pesca a strascico e delle tecniche non selettive, che portano alla cattura accidentale di specie non desiderate (bycatch), inclusi mammiferi marini, tartarughe e uccelli, contribuendo alla diminuzione di specie protette.

Salute: rischio contaminazione e presenza di inquinanti

Le preoccupazioni di carattere salutistico rappresentano un altro fattore determinante nella scelta di evitare il pesce. Negli ultimi decenni, gli oceani e i mari sono stati sempre più contaminati da sostanze chimiche tra cui metalli pesanti come il mercurio, il piombo e il cadmio, che si accumulano nei tessuti dei pesci, specialmente nelle specie di grandi dimensioni, come il tonno o il pesce spada. Il bioaccumulo di queste sostanze può raggiungere livelli tossici per l’uomo, causando disturbi neurologici e altri problemi di salute, oltre a risultare particolarmente pericoloso per bambini e donne in gravidanza.

Un altro aspetto preoccupante riguarda la presenza di parassiti e microrganismi nel pesce oggi più diffusa rispetto al passato. Studi scientifici hanno evidenziato che, negli ultimi quarant’anni, la quantità di parassiti, tra cui l’Anisakis, nei pesci destinati al consumo umano è aumentata in modo significativo, con una crescita di oltre 280 volte rilevata tra il 1978 e il 2015. Il consumo di pesce crudo, affumicato o congelato in modo improprio espone i consumatori al rischio di contrarre infezioni intestinali, epatite virale, salmonellosi e intossicazioni alimentari, i cui sintomi includono crampi addominali, vomito e febbre.

Questi rischi hanno portato, in molti paesi, all’introduzione di regolamenti stringenti sulla lavorazione e conservazione del pesce destinato al consumo, soprattutto riguardo il trattamento termico e la catena del freddo. Tuttavia, nonostante tali misure, rimane un certo margine di rischio che per alcuni consumatori è sufficiente per evitare completamente questi alimenti.

Motivazioni etiche: rispetto per gli animali e scelte di vita

Le considerazioni etiche costituiscono una parte fondamentale della scelta di non consumare pesce. Un numero crescente di persone adotta una prospettiva animalista e rifiuta qualsiasi forma di sfruttamento degli animali, compresi quelli acquatici. Per chi segue una filosofia vegetariana o vegana, il rispetto per la vita animale si estende anche a pesci, crostacei e molluschi, riconoscendo loro la capacità di provare sofferenza e stress nella cattura e nella detenzione in allevamenti intensivi.

Pesci e sofferenza: sensibilità e capacità di provare dolore

Contrariamente a quanto si pensava in passato, numerose ricerche hanno dimostrato che i pesci sono animali sensibili, dotati di un sistema nervoso complesso e in grado di provare dolore e paura. L’allevamento intensivo sottopone spesso questi animali a condizioni di sovraffollamento, mancanza di stimoli e pratiche di macellazione dolorose e stressanti. Anche la pesca tradizionale, nelle sue diverse forme, comporta una morte lenta e spesso cruenta per milioni di esemplari ogni anno.

Oltre a una sofferenza poco visibile, il trattamento degli animali marini solleva interrogativi sulla sostenibilità etica dell’acquacoltura e della pesca industriale, stimolando un dibattito sempre più acceso sia in ambito accademico che nell’opinione pubblica. I principi della etica animale vengono applicati non solo ai mammiferi terrestri, ma anche alle creature marine, e una quota crescente della popolazione sceglie un regime alimentare esclusivamente vegetale per motivi di coerenza morale.

Orientamenti alternativi e considerazioni ulteriori

Negli ultimi anni si è assistito a una crescente disponibilità di alternative vegetali ai prodotti ittici, come “filetti” e “tonni” a base di legumi, alghe e soia. Queste opzioni permettono di mantenere alcune proprietà nutrizionali tipiche del pesce, come la ricchezza in omega-3 (che può essere assunta ad esempio dall’olio di alghe), senza contribuire agli aspetti negativi associati alla pesca e all’allevamento intensivo.

Per chi non desidera escludere del tutto il pesce, alcuni esperti suggeriscono di:

  • Preferire specie ittiche locali e di piccola taglia, meno soggette a bioaccumulo di inquinanti.
  • Assicurarsi della provenienza e delle certificazioni di sostenibilità ambientale.
  • Evitare, soprattutto per bambini e donne incinte, i grandi predatori marini più contaminati.
  • Consumare pesce ben cotto per ridurre il rischio di infezioni da parassiti.
  • Informarsi costantemente sulle condizioni degli stock ittici e sulle pratiche di pesca adottate.

Decidere di eliminare il pesce dalla dieta, dunque, non rappresenta solo una preferenza personale, ma anche un atto di responsabilità verso l’ambiente, la salute e il rispetto degli altri esseri viventi. La crescente sensibilità collettiva su questi temi sta influenzando le politiche pubbliche e stimolando lo sviluppo di opzioni alimentari più sostenibili per il futuro del pianeta e delle nuove generazioni. Non sorprende, quindi, che sempre più persone scelgano la via del veganismo o di diete flessibilmente attente alla tutela ambientale ed etica.

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